mura che cingeva la città ad occidente: questo per
proteggere l’accampamento dei soldati che vi sarebbero
rimasti di guarnigione, le torri per far comprendere ai
posteri com’era grande e fortificata la città che non
aveva potuto resistere al valore dei romani. Tutto il
resto della cinta muraria fu abbattuto e distrutto in
maniera così radicale che chiunque fosse arrivato in
quel luogo non avrebbe mai creduto che vi sorgeva una
città. Tale dunque, per colpa dei pazzi rivoluzionari, fu
la fine di Gerusalemme, una città ammirata e famosa in
tutto il mondo (Guerra Giudaica, VII, 1, 1-4).
«A spingervi contro i Romani è stata evidentemente la
nostra mitezza, che prima di tutto vi abbiamo concesso
di vivere in questa terra e di essere governati da vostri
re, poi vi abbiamo permesso di conservare le vostre
antiche leggi, lasciandovi anche la libertà di regolare
non solo i vostri rapporti interni ma anche quelli esteri.
Vi abbiamo poi permesso di esigere tributi per il vostro
Dio e di raccogliere le offerte senza ostacolarvi, con il
risultato che, grazie a noi Romani, siete diventati più
ricchi e, con quanto doveva essere di nostra proprietà,
vi siete invece preparati per la guerra contro di noi!»
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VI, 6.2.333-335.)
«[...] vi invitai a deporre le armi, nel corso della guerra
fui verso di voi spesso clemente: diedi le dovute
garanzie ai disertori, fui leale verso i supplici,
risparmiai molti prigionieri evitando loro inutili torture,
accostai le macchine alle vostre mura contro voglia,
frenai i miei soldati assetati del vostro sangue, e dopo
ogni vittoria chiesi a voi la pace quasi fossi io lo
sconfitto.»
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VI, 6.2.345.)
Tito concluse dicendo:
«[...] prometto di lasciare in vita chi getterà le armi e si
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